Scartabellando e cercando
tra gli archivi di
pisanellastoria abbiamo
trovato una videocassetta
del 1993, quando a Novembre
il Pisa si recò in
Inghilterra per disputare il
torneo Anglo-Italiano. Tra
il servizio del match
(l'avversario di turno era
il Notts County) e alcuni
video del viaggio della
comitiva oltre manica
abbiamo trovato una breve
videointervista a tre tifosi
neroazzurri presenti che non
hanno abbandonato il Pisa
neanche in questo lungo
viaggio. Tra loro è presente
anche Maurizio Alberti,
nell'unico frammento
esistente in forma
televisiva dal quale è
ancora, con un velo di
commozione, ascoltarlo come
se fosse in mezzo a noi.
Erano arrivati in tre a
Nottingham, senza biglietto,
e Romeo si attivò per fare
entrare lo stesso i tifosi
allo stadio spacciandoli per
addetti ai lavori della
società. Il video è
possibile vederlo tra i
contenuti ON DEMAND della
nostra Web Tv alla voce
"TORNEO ANGLOITALIANO 1993".
I video sono stati messi
online con l'autorizzazione
della famiglia Alberti e
della Curva Nord.
A "Mau" è stata intitolata
la Curva Nord, il settore
dell'Arena Garibaldi
riservato agli Ultras
neroazzurri. Se ne è andato
nel 1999 dopo che a La
Spezia si disputò un cupo
Spezia-Pisa che tutti
ricordano non certo per la
cronaca sportiva. Da allora
la Curva si batte con grande
dedizione sul tema della
sicurezza negli stadi.
In uno dei tanti comunicati,
ecco un pensiero della
curva:
"Si chiamava Maurizio
Alberti ed è morto nel
febbraio del 1999 dopo due
settimane di agonia: era
andato in coma in seguito ad
un arresto cardiaco accusato
durante la partita
Spezia-Pisa e le palesi
inefficienze dei soccorsi
avevano di fatto cancellato
ogni speranza di
sopravvivenza, sarebbe
bastata una somministrazione
di ossigeno tempestiva al
posto delle mille domande
sulle sue condizioni (“Ha
bevuto? Ha fumato?”). Se si
fosse sentito male in un
posto “rispettabile”, tra
cittadini e non tra “belve”,
avrebbe avuto diritto ad un
altro tipo di assistenza:
ossigeno e corsa a sirene
spiegate verso l’ospedale.
Ma era un ultrà in un
settore ospiti e non ha
avuto questa fortuna.
Abbiamo lottato nei
tribunali per tentare di
veder riconosciute le nostre
ragioni, ma non per vendetta
o desiderio di giustizia
sommaria: la nostra
intenzione era quella di
denunciare e smascherare la
situazione negli stadi, la
mancanza di assistenza,
l’assenza di misure di
sicurezza destinate ai
tifosi e non organizzate
contro questi.
Non ci hanno neppure
consentito di andare al
dibattimento, nonostante le
testimonianze. E negli stadi
si è continuato a cadere
dalle balaustre e a finire
nei fossati (vedi Genova,
vedi San Benedetto del
Tronto, vedi ancora Pisa
soltanto lo scorso anno),
sfiorando sempre la tragedia
finchè questa non si è
ripresentata puntuale."
Di seguito invece un ricordo
di quei giorni oscuri tratto
da un capitolo del libro "RANGERS,
SIAMO PISANI BATTETECI LE
MANI" edito da Mariposa e
scritto da M.Grava e
M.Catastini:
<<Mentre con svogliatezza
e nervi a fior di pelle mi
apprestavo ad accendere il
computer per iniziare a
scrivere questo capitolo e
quindi la storia di Mau, mi
è passato per la mente che
tutto sommato potevo dare
questo incarico all'amico
Catastini, così da non dover
ripensare a quei tragici
giorni e risparmiarmi almeno
per una volta arrabbiature.
Ma poi ripensandoci mi sono
convertito all'idea che la
storia di Mau doveva essere
raccontata per filo e per
segno, e che quindi, seppur
dolorosi, dovevo recuperare
quei ricordi perchè su
queste pagine la storia di
Mau fosse raccontata nella
sua interezza evitando così
il rischio che si perdesse.
L'ultima che vidi e che
parlai con Maurizio fu
sabato 23 gennaio 1999:
erano circa le sei del
pomeriggio e mi recai allo
stadio sotto la tribuna
coperta dove i Rangers
facevano la prevendita dei
biglietti della partita
Spezia-Pisa. Lì, tra le luci
che illuminavano il piazzale
c'era un mucchio di gente e
tra loro Mau. Quando lo vidi
mi avvicinai e quindi dopo
esserci scambiati i rituali
saluti gli chiesi come
stava, e lui, tirando su le
spalle mi rispose: come al
solito. Questo l'ultimo
personale ricordo di Mau, il
resto è solo un calvario che
durò 16 lunghi giorni. Tutto
iniziò domenica 24 gennaio:
la questura della città di
La Spezia, ove ci eravamo
recati per seguire
l'incontro del Pisa, dopo
gli incidenti dell'anno
precedente e visto che
verosimilmente il Pisa stava
vincendo il campionato e che
quindi avrebbe avuto al
seguito un numero ben più
elevato di tifosi, decise di
disporre noi pisani nella
curva in cui abitualmente
risiedono gli spezzini e di
spostare i tifosi bianconeri
nel settore di gradinata. Si
capì subito che questo tipo
di risoluzione creava molti
più problemi che se ci fosse
stata data l'intera
gradinata, ma questo
evidentemente alla tifoseria
spezzina interessò poco e
così, visto che quel che
contava era il metodo in cui
contenere nel miglior modo
possibile i temuti tifosi
pisani, si decise di
procedere con lo scambio dei
settori. Ma come diceva
sempre mia nonna "alle idee
gli vanno messe le gambe",
infatti, se l'idea in linea
di massima poteva essere
giusta, alla fine si rivelò
non essere tale perchè i
controlli che furono
effettuati nei confronti dei
tifosi bianconeri non furono
dei migliori, così che dopo
circa cinque minuti che era
iniziato l'incontro questi
sdraiarono il guardialinee
che ordinava al loro
cospetto con un rotolo di
carta facendo sospendere la
partita, ed allora se a quel
punto le due tifoserie
fossero uscite dai loro
settori ed entrate a
contatto tra loro a che cosa
sarebbero serviti tutti
quegli spostamenti? Torniamo
adesso a raccontare la
storia di Mau. Dopo qualche
minuto che l'incontro era
stato sospeso Maurizio si
sentì male. Io ero in alto
in una zona lontana dal
bocchettone centrale
d'entrata dove erano i
Rangers e con loro Mau. E
quindi, vista la distanza,
mi resi conto che la barella
che era entrata in curva era
stata introdotta proprio per
portar via il mio amico con
qualche minuto di ritardo.
Resomi conto di quello che
realmente era accaduto mi
precipitai immediatamente
nel punto in cui i
barellieri avevano
attraversato il cordone di
Polizia per andare verso
l'ambulanza, ma ovviamente
mi fu impedito l'ingresso
all'area in cui era stato
trasportato il mio amico. In
quel punto, intorno a me
c'erano diversi ragazzi dei
Rangers e qualcuno, mi
sembra Devid, mi disse che
Marco spacciandosi per il
cugino di Mau era riuscito a
salire sull'ambulanza e che
appena arrivati all'ospedale
ci avrebbe chiamato. Nel
frattempo dalla zona di là
del cordone di Polizia
vedemmo rientrare un uomo
che poi scoprimmo essere un
medico e che tentò di
tranquillizzarci visto che
l'agitazione di tutti stava
salendo. A quel punto non
potemmo far altro che
metterci a sedere ad
attendere quella maledetta
telefonata dall'ospedale che
non arrivava mai. Dopo
un'altra ventina di minuti -
nel frattempo anche la Rina
era caduta rompendosi una
gamba - arrivò la moglie di
un amico che a sua volta era
stata chiamata da una
ragazza rintracciata a casa
dal Marco dell'ambulanza. Le
notizie che stavano
arrivando dall'ospedale
erano drammatiche, Mau
nonostante quel che c'era
stato detto era in
condizioni gravissime. La
prima cosa che ci venne in
mente fu quella di chiamare
a casa sua per informare i
familiari della situazione,
ma lì non rispondeva
nessuno. Allora, visto che
di scorta avevamo anche la
Polizia pisana, andammo da
chi conoscevamo perchè
tramite i loro canali ci
recuperassero il numero di
telefono del cellulare del
fratello di Mau, ma la
Polizia spezzina decise
proprio in quel momento di
far rientrare i tifosi del
Pisa verso la stazione
ferroviaria. Ed allora
qualche amico della questura
pisana mi disse "esci dal
corteo e vai all'ospedale".
Avevo perso gli altri, non
sapevo dov'era quel
maledetto ospedale e nemmeno
come arrivarci ed allora
l'unica cosa che mi venne in
mente fu quella di precedere
il corteo e di arrivare alla
stazione prima degli altri,
dove in mezzo a tutti
individuai qualche ragazzo
con il quale poi raggiunsi
l'ospedale. Quando arrivammo
Mau era in coma, ricoverato
nel reparto di terapia
intensiva. Da allora in
avanti tutti i giorni ci
recavamo nella città ligure,
per rimanere vicini al
nostro amico ed ai suoi
familiari. Ad un certo punto
alcuni medici, che tutti i
giorni si trovavano addosso
una trentina di noi, fecero
intuire che una carta che
potevamo provare a giocare
era quella di stimolare Mau
con delle musicassette in
cui vi fossero registrate le
nostre voci o quelle di
qualcosa di particolarmente
importante per il nostro
amico. Ma dopo un primo
momento in cui Maurizio
sembrava reagire tutto si
rivelò inutile; per la
verità le provammo veramente
di tutte: entrammo dentro la
sala di rianimazione,
facemmo venire il D.S. ed il
capitano del Pisa, riuscimmo
anche a portare Romeo a La
Spezia quando dei
proprietari del Pisa Calcio
non si faceva sentire
nessuno. Purtroppo però
tutto quel che facevamo era
inutile. A distanza di
qualche giorno venne a
trovarci anche l'amico
Sergio Borgo che ci mise a
disposizione un appartamento
dello stesso A.C. Spezia, ed
a quel punto l'ennesimo
attacco giornalistico nei
confronti dei presidenti del
Pisa, rei di non essersi
degnati nemmeno di fare una
telefonata, indusse
Posarelli a venire in
ospedale. Ricordo che per
non discutere, non era il
luogo ed il posto, mi
allontanai per fare una
passeggiata ed al mio
rientro qualcuno mi disse
che questi ci aveva dato la
piena disponibilità sua e
dei suoi collaboratori per
qualsiasi cosa avessimo
avuto bisogno. E difatti
come si voleva dimostrare
quando venne deciso di
provare l'ultima carta del
trasferimento di Mau
all'ospedale di Pisa,
sicuramente meglio
attrezzato di quello di La
Spezia, ricorremmo invano
"ai nostri" che ci avevano
dato la loro piena
disponibilità. "Non vi
preoccupate, pensiamo a
tutto noi, vedrete: domani
mattina faremo venire
un'ambulanza attrezzata a La
Spezia e portiamo via
Maurizio", queste grosso
modo le promesse che ci
furono fatte, ma che non
vennero mantenute. Quel
famoso "domano mattina" era
sabato 6 febbraio, ed invano
attendemmo l'arrivo di
quell'ambulanza tra lo
strazio della madre e della
sorella di Mau. Alla fine,
meno male, mi venne in mente
di chiamare Borgo, che come
al solito con la gentilezza
che lo contraddistingue si
precipitò all'ospedale
lasciando da parte anche i
suoi compiti di presidente
dello Spezia per aiutarci.
Per prima cosa Sergio andò a
cercare il medico sportivo
della sua società, quindi
con questi andò direttamente
a parlare con il primario
del reparto in cui era
ricoverato Mau ed infine
riuscì a convincerlo
affinchè ci accompagnasse a
Pisa. Fece per noi più Borgo
in poche ore che "i nostri"
in qualche anno. Ma le
difficoltà non erano ancora
terminate; infatti, dai due
ospedali di Pisa c'era stato
dato assenso negativo al
trasferimento di Mau, in
qualche modo dovevamo
superare quell'ostacolo ed
allora Michele sfruttando le
proprie conoscenze chiamò
alcuni responsabili della
Questura di Pisa, che tra
l'altro spesso sono stati
fatti oggetto di sberleffi e
critiche, e tramite questa
via, ci chiamò per telefono
anche lo stesso Questore di
Pisa, si riuscì a liberare
il campo da tutti i
problemi. Nonostante tutti
gli sforzi, la situazione
clinica di Mau era oramai
precipitata ed allora di lì
a poco i medici pisani
comunicarono la morte
celebrale del nostro amico.
Superati rabbia e
sbigottimento del primo
momento iniziammo a far
filtrare la notizia
all'esterno. Ricordo le
amare lacrime di Romeo, la
gente incredula che dentro e
fuori l'ospedale era venuta
al capezzale di Mau, la
tensione palpabile di molti
ragazzi che si conteneva a
stento. Alla fine dopo
quindici giorni, verso le
sette di sera, si fece
vedere anche l'altro
proprietario del Pisa, Gerbi,
accompagnato dall'altro
presidente, mogli, figlioli
ed un ex poliziotto
accompagnatore del Pisa.
L'accoglienza a Gerbi fu, -
diciamo così - abbastanza
fredda, e probabilmente a
qualcuno passò per la mente
qualche pensiero non certo
amichevole, tanto che venne
anche apostrofato in modo
pesante e ci fu da parte di
qualcuno e ci fu da parte di
qualcuno la voglia di
avvicinarlo, e non per
stringergli la mano. Non
accadde nulla, naturalmente,
ma la tensione di quei
momenti toccò punte davvero
alte, Alla fine, forse
rendendosi conto di quel che
stava succedendo, tentò di
dare la mano a tutti per
imbonirci un minimo. Il
funerale, i fiori, i
messaggi di cordoglio, tutta
quella gente intorno,
facevano parte di un copione
già scritto, nulla di nuovo
se non una forte presa di
posizione da parte di alcuni
Rangers che tra l'altro
riuscirono ad istruire una
denuncia contro i
soccorritori di Mau, ed a
far intitolare la Curva Nord
a Maurizio Alberti, un
Ultras del Pisa che era
morto mentre era al seguito
del Pisa. Quella sera si
giocò la partita della
Nazionale azzurra contro
quella della norvegese ed i
Rangers coerentemente con lo
stato d'animo che derivava
dall'aver appena dato
l'ultimo saluto da un amico
di curva, si astennero dal
tifare, mentre altri
preferirono assicurare il
sostegno agli azzurri.>>