Come per il 1921 e per la
stagione 1967-68 ci
affidiamo anche adesso alla
sapiente penna di Renzo
Castelli:
UN ANNO TRA LE GRANDI
Fra i 208 telegrammi che
giunsero in società, ve ne
erano di tutti i colori:
appassionati, formali,
caldi, affettuosi,
ufficiali, curiosi; ma
tutti, nella sostanza,
dicevano "viva il Pisa,
bravi ragazzi, in bocca al
lupo". Telegrafò Lagorio da
Firenze, telegrafò
l'arcivescovo Camozzo,
telegrafarono le società di
tutta Italia e i tifosi
sparsi in tutta Italia; un
telegramma giunse persino da
Poona (India). Il cuore
neroazzurro, che batteva qua
e là per il mondo, ebbe un
sussulto unico e volle
gridare ai quattro venti la
sua immensa gioia.
Già dai primi giorni del
mese di luglio la poesia
lasciò però posto alla
pratica: leggi, la
campagnaacquisti. Il
presidente Donati aveva lui
stesso indicato la necessità
di quattro o cinque acquisti
importanti per "restare in
A", la tifoseria lo
reclamava, la stampa lo
riteneva indispensabile. Ma,
in quell'estate del 1969, fu
fatto veramente tutto per
programmare seriamente la
permanenza nella massima
categoria? I pareri —
suggeriti ovviamente dal
"senno del poi" — sono
discordi ed anche se le
vicende successive ci
diranno che, con un po' di
accortezza (o di maggior
fortuna), il Pisa avrebbe
potuto anche salvarsi, quel
"mercato" estivo non parve
particolarmente brillante.
Ogni giorno la stampa
sportiva nazionale, nel suo
pastone sui "movimenti"
delle squadre di calcio,
indicava un interessamento
del Pisa per questo o per
quel giocatore, ma i giorni
passavano senza che di
concreto maturasse
assolutamente niente.
Vennero alla ribalta tanti
nomi, fino alla noia; si
prospettarono scambi e
"giri" perfino clamorosi (lo
fu certamente la proposta di
Lucchi, un po' scherzosa ma
probabilmente convinta, di
cambiare tutto l'organico
del Pisa con quello della
Lazio!), se ne dissero di
cotte e di crude, ma non si
concluse molto.
Un'occhiata a quelle
chiacchiere. Parve ad
esempio a tutti chiaro che
una cessione da condurre
assolutamente in porto
avrebbe dovuto essere quella
di Annibale, un portiere non
più giovane, sulla cresta
dell'onda per la promozione
(che aveva comportato
ovviamente anche un positivo
exploit della difesa) ma che
nel campionato a venire
avrebbe necessariamente
subito un buon numero di
reti riducendo
istanteneamente il suo
valore. Annibale, che parve
peraltro molto richiesto,
sarebbe stato un'eccellente
pedina di scambio, ma non ci
fu verso di venderlo. Si
fece avanti il Bologna,
addirittura - si scrisse che
la Juventus aveva proposto
per Annibale la cessione di
Coramini e Cinesinho, con
aggiunta di milioni. Si
parlò di Sarti nella porta
neroazzurra; invece, niente.
Altro affare: Ripari. Il
terzino aveva ben meritato e
i pretendenti erano in
molti. Il Milan propose di
girare al Pisa addirittura
tre giocatori: Angelillo,
Grossetti e Ferrario; alla
squadra rossonera Ripari
sarebbe servito per un
grande affare con il
Cagliari ("operazione
Riva"), dal quale sarebbe
finito successivamente in
neroazzurro anche il terzino
Martiradonna; invece, niente
(Ripari andrà al Verona).
Qualche soldo girò — il Pisa
spese 225 milioni, oltre il
ricavato delle cessioni — ma
alla chiusura delle liste il
cosiddetto rinforzamento
della "rosa" — pur
ufficialmente avallata da
mister Lucchi — non parve
dei più indovinati. Era
rientrato Cosma dal Vicenza,
erano arrivati i difensori
Coramini, Lenzi e Casati;
opinione generale era che
mancasse al Pisa un
centrocampista, e Lucchi
fece pressione per Cinesinho,
ma gli giunse dal Novara
Gasparini. Comunque, almeno
nelle dichiarazioni
ufficiali, Lucchi si disse
"soddisfatto della campagna
acquisti" ed il nuovo Pisa
partì per il ritiro in
Romagna.
Mentre all'Arena Garibaldi i
lavori procedevano a ritmi
forzati, mentre la città
viveva la sua estate di
evasione e di attesa, La
Nazione pubblicava la
biografia dei giocatori
neroazzurri, uno per uno. La
tifoseria apprese quelle
curiosità che, sorseggiate
in estate quando il calcio e
in letargo, sono perfino
divertenti. Chi sapeva, ad
esempio, che prima di
giocare al calcio Gasparroni
faceva il ciabattino,
Manservisi il garzone di
barbiere, che Coramini era
un ex-ragazzo prodigio, che
Annibale aveva l'hobby
dell'eleganza, che Piaceri
era fissato sulle cure
dimagranti? ...
Rientrati dal ritiro, i
neroazzurri cominciarono a
giocherellare in vista della
coppa Italia. Lucchi
annunciò per quel campionato
di A un attacco con "tre
punte e mezzo", mandando in
brodo di giuggiole i tifosi
più sprovveduti — che
favoleggiarono di scudetto —
e facendo scuotere la testa
ai pessimisti. Poi il
"mister" — che in fondo era
un estroverso e che nelle
dichiarazioni amava il
clamore — annunciò anche un
correttivo: si alle tre
punte e mezzo (Manservisi,
Piaceri, Cosma e Mascalaito),
ma in casa; per la
trasferta, tutto da
rivedere.
In coppa Italia il Pisa non
aveva ambizioni, mancando
anche l'Arena per i noti
lavori di parziale
ristrutturazione. La squadra
pareggiò a Bari (0 a 0),
perse secco a Foggia (3 a 0)
e poi affrontò, finalmente
con largo seguito di
tifoseria, la Fiorentina sul
neutro di Lucca. Il Pisa,
che con quell'incontro
esordiva ufficialmente in
seria A, non dispiacque e
mise in grave soggezione gli
avversari. I neroazzurri
giocarono a tutto campo,
ebbero le loro occasioni e
finirono con il soccombere
soltanto nella fase
conclusiva della gara (rete
di Rizzo al 30' della
ripresa e raddoppio di
Chiarugi pochi istanti prima
del fischio finale
dell'arbitro). Assolti i
suoi compiti di rodaggio, il
campionato andava ora a
cominciare.
Critici sulla campagna
acquisti, occorre essere
onesti nel riconoscere che
il Pisa non fu però neppure
fortunato. I neroazzurri
esordirono il 29 settembre
1969 sul campo del Torino
allenato da Mondino Fabbri;
rispetto all'anno precedente
il Pisa aveva inserito in
formazione Lenzi a terzino
destro e Coramini stopper:
non era francamente un gran
balzo di qualità. Ma la
squadra, fresca e piena di
volontà, giocò bene,
sconfitta in maniera
rocambolesca a diciannove
minuti dal termine dopo che
Fabbri aveva già cominciato
a far scaldare Rampanti per
tirar fuori Mondonico: fu
proprio questi che,
annusando odore di bruciato,
pochi istanti prima di
uscire piazzò una palla alle
spalle di Annibale. Peccato.
L'Arena vive la sua prima
avventura di serie A il 6
ottobre, una giornata
tiepida di un autunno
dorato. Scendo in campo Pisa
e Roma (l'ultima volta che
le due squadre si erano
incontrate era stato in
serie B: aveva coinciso con
una vittoria dei neroazzurri
ma anche con la loro
retrocessione). Dopo Torino,
la guigne sembra non voler
abbandonare la squadra di
Lucchi: segna Piaceri al
13', Taccola (28') e Salvori
(31') capovolgono
rapidamente il risultato e
nella ripresa i molti
tentativi di Piaceri e
Manservisi si spengeranno
contro l'attenta difesa
giallorossa guidata da Losi,
"er core de Roma". Negli
spogliatoi, Helenio Herrera
dice pero una cosa che fa
pensare: "Il Pisa dovrà
soffrire ma con qualche
opportune ritocco potrà
salvarsi".
Senza ritocchi esterni, se
non rigirando la minestra a
disposizione (si cerca di
mettere a fuoco soprattutto
la posizione di Barontini,
un giocatore, di buona
classe, nato come mediano ma
utile anche come terzino in
chiave offensiva), Lucchi
continua il suo campionato
che porta il Pisa, alla
domenica seguente,
nientemeno che sul terreno
di San Siro contro il Milan,
all'epoca squadra seria e
temuta: campione d'ltalia in
carica, tanto per dirne una.
Chi fra la tifoseria pisana
ha scosso la testa pensando
— dopo due sconfitte
consecutive — che per il
Pisa sarà un anno tutto
perdente, chi teme di
ascoltare da Milano un
tracollo dello Sporting, ha
però una gradita sorpresa: a
San Siro il Pisa figura con
estrema dignità, pareggiando
con Joan quasi allo scadere
(77') la rete di Sormani e
subendo — ennesima
ingenuità! — il goal della
ingiusta sconfitta soltanto
a otto minuti dal termine
(Prati).
Il primo punticino è in
arrivo e giunge contro il
Varese; e sempre all'Arena
Garibaldi, sette giorni dopo
i punti in classifica
raggiungono quota 3 con la
rete di Mascalaito che fa
fuori l'Atalanta. Questi
risultati hanno fatto
comprendere una cosa, che il
Pisa può lottare ad armi
pari per non retrocedere
contro avversari della sua
levatura, dovendo invece
starsene bene abbottonato
quando incontra clubs di
rango superiore. Una
prudenza dettata da una
debolezza strutturale, una
tattica che non sia di
completa rinuncia ma di
razionale contenimento da
adottarsi ad esempio in
trasferta cosi da
raggranellare quei punticini
che alla fine diverrano di
certo preziosi. Lucchi però
non sembra pensarla così e
parte della tifoseria ancor
oggi quando torna con la
memoria a quel campionato
giudica la serie A un po'
buttata al vento per una
sorte di "guasconeria" cnh
caratterizzò molti
prestazioni dei neroazzurri,
i quali raccolsero spesso
elogi ma persero incontri
che forse con maggior senso
pratico e con più rigorosa
consapevolezza dei propri
limiti, potevano anche non
perdere.
Dopo un incredibile 5 a 3
subito a Verona dopo essere
stati in vantaggio per due
volte (Manservisi e
Piaceri), i neroazzurri
afffrontarono due "grandi"
(pareggio con l'lnter per 1
a 1, ma su autorete di
Federici, e sconfitta a
Torino contro la Juventus
per 2 a 0) prima di iniziare
l'ultimo mese dell'anno che
procurò, con due vittorie e
due sconfitte, altri quattro
punti in classifica
senz'altro accettabili. Il
12 gennaio 1969 scese
all'Arena Garibaldi la
Fiorentina.
In serie A le due squadre
non si incontravano dal 19
dicembre 1926 (1 a 0 per il
Pisa, rete di Gagliardi) e
da allora ne era passata di
acqua sotto i ponti! Dopo
tanto purgatorio il Pisa
tornava ora faccia a faccia
con i gigliati i quali
(presidente Baglini,
allenatore "Petisso" Pesaola)
benchè proiettati in "zona
promozione temono molto
questa trasferta di
campanile in
provincia. "Una partita
piena di incognite" dichiara
Pesaola; "Attaccheremo"
dichiara Lucchi. Arena
esaurita, arbitro lo showman
Concetto Lo Bello. I prezzi:
numerata 8 mila, laterale 4,
gradinata 3, curve 1.500. Il
Pisa in campo ha in eta
media di 27 anni e 8 rnesi,
la Fiorentina, 25 e 7 mesi.
Il Pisa è sfortunatissimo:
attacca, gioca, mette in più
occasioni in difficoltà gli
avversari ma al 36' del
primo tempo Amarildo calcia
una punizione che va a
sbattere nel palo e si
infila alle spalle di
Annibale. Nuovo arrembaggio
del Pisa, qualche eccellente
occasione, mentre Lo Bello
ignora un fallo di mano
abbastanza netto in area del
gigliato Rogora al 23' della
ripresa. Finisce con la
Fiorentina vittoriosa, il
Pisa a bocca asciutta e
amara. Hanno assistito
all'incontro 23 mila
spettatori, per un incasso
di 34 milioni e spiccioli,
nuovo record dell'Arena
Garibaldi. Spettacolo a sè
lo ha fatto Lo Bello, che ha
fischiato 25 falli per parte
(alla fine sarà contestato
per il rigore negato ai
neroazzurri; durante
l'incontro gli si e
slacciata una scarpa e
l'arbitro imperturbabile, si
è portato ai bordi del campo
e ha chiesto — anzi,
ordinato! — al massaggiatore
del Pisa Mazzotti di
riallacciarla senza cosi
interrompere le fasi dell'incontro
...
Pisa-Fiorentina fu forse il
big-match di quella seria A
neroazzurra. Il campionato
assunse subito dopo una
buona piega per il Pisa
(cinque punti in tre
partite) autorizzando Lucchi
a scendere all'Olimpico, il
9 febbraio, con smaccata
tattica d'attacco e beccando
due reti da una Roma decotta
che, affrontata con altra
mentalità, avrebbe fors'anche
mollato un punto. Dopo
questa sconfitta, la squadra
neroazzurra, pur in zona
retrocessione, aveva
tuttavia ancora alle spalle
Sampdoria, Atalanta e
Vicenza e sopra di lei, ad
un solo punto, il Varese.
Sarebbe stata la primavera a
decidere il suo destino in
serie A.
La chiave del campionato
furono i due incontri
Pisa-Bologna (27 aprile) e
Pisa-Vicenza (11 maggio):
entrambi da vincere, contro
un Bologna senza pretese ed
un Vicenza avversario
diretto per non retrocedere.
Fu questa chiave che il Pisa
clamorosamente smarrì. Nel
primo incontro, Salvoldi
infilzò il Pisa a undici
minuti dal termine della
gara e inutilmente i
neroazzurri cercarono di
raddrizzare quell'incontro
balordo. Dopo tre minuti
dalla rete subita, Joan
colpi con un gran tiro il
palo alla destra del
portiere Vavassori e fu
quello il segno della
scalogna. Ancora peggio,
malgrado il pareggio,
l'incontro della penultima
giornata, avversario il
Vicenza di Puricelli.
Battere il Vicenza avrebbe
significato il sorpasso e
poi andare all'ultimo
confronto di Napoli con
grinta diversa. Ma la
squadra cadde completamente
in bambola, dopo aver
evidentemente perduto ogni
sua risorsa psicologica
nello sfortunato incontro
con il Bologna; così fu un 2
a 2 sofferto, che
significava una parola
amarissima: retrocessione.
Statistiche Nerazzurre
PISA
NOME GIOCATORE
PRES.
RETI
Annibale
29
0
Barontini
20
1
Breviglieri
1
0
Casati
15
1
Cervetto
6
0
Coramini
14
0
Cosma
13
3
Federici
15
0
Gasparini
21
0
Gasparroni
29
0
Gonfiantini
30
0
Guglielmoni
24
1
Joan
22
3
Lenzi
28
0
Manservisi
29
3
Mascalaito
29
6
Piaceri
30
6
In
panchina: Lucchi
Ecco la
classifica finale di questo
campionato:
SERIE A 1968/69
(blu=scudetto,
rosso=retrocesse)
1
FIORENTINA
45
2
CAGLIARI
41
3
MILAN
41
4
INTER
36
5
JUVENTUS
35
6
TORINO
33
7
NAPOLI
32
8
ROMA
30
9
BOLOGNA
29
10
VERONA
26
11
PALERMO
25
12
SAMPDORIA
23
13
L.R.VICENZA
23
14
VARESE
22
15
PISA
20
16
ATALANTA
19
Postato
da Michele Bufalino (BubbaDJ) il Mercoledì, 27
Dicembre 2006 @
16:00
1967-68
(FIGURINE PANINI)
Pisa 1968-69
Postato
da Michele Bufalino (BubbaDJ) il martedì, 2
settembre 2008 @
17:08:11 CET
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